La storia di Leo Orlandino a 7 anni dalla sua scomparsa.
70 centimetri. Questa è la misura di un pallone da calcio, un oggetto sferico non poi così grande che per tanti racchiude molto. Per Leo Orlandino, portiere ventunenne scomparso in un tragico incidente stradale 7 anni fa, quei 70 centimetri, contenevano tutta la sua vita. Leo era di Fasano, città dove tutti lo ricordano come un ragazzo esemplare, un modello da seguire, da cui assimilare il più possibile. Nasce in una famiglia umile, peculiarità che farà del tutto sua. Crebbe con la passione per il calcio. Vieste, Locorotondo, Ostuni, Alberobello: queste le sue squadre prima di scegliere la Real Paradiso (poi diventata Brindisi Football Club). Scelse di giocare a Brindisi per la piazza, lo stadio, ma anche e soprattutto per poter continuare il suo lavoro come addetto alla pescheria in un supermercato di Monopoli, dove lavorava col padre. Lavoro e allenamenti, null’altro. Questo il mantra in quella che è stata, purtroppo, la sua breve vita, spezzata troppo presto da un destino ingiusto, come quello che ti fa prendere goal al 90’. Anche se, il 12 dicembre di cinque anni fa, non si perse una partita, ma un ragazzo che tanto avrebbe ancora potuto dare, sia nello sport che nella vita. Leo si stava recando alla classica rifinitura del sabato, forse l’allenamento più importante della settimana, dove l’ansia del match rende il tutto più magico, quasi più bello. Rifinitura che il giovane non poté mai fare, a causa del rimorchio di un autotreno che invase la corsia opposta, la sua. Il ricordo dei giorni successivi alla sua perdita fa sicuramente male, ma fa capire a pieno chi fosse quel ragazzino col sogno del calcio. Non solo la città di Fasano, non solo la Real Paradiso: tutta Italia e tutti i club dilettantistici della nazione mostrarono cordoglio e amarezza per quella giovane vita spezzata. 70 centimetri. Tanto è grande un pallone da calcio. La sua vera grandezza è nella sua forza intrinseca, quella che fa ricordare Leo a chi vede un ragazzino giocare a calcio, prepararsi per un allenamento, sporcarsi con la terra dura dei campi di provincia. Questa volta senza nessuna brutta sorpresa al 90’.
Articolo a cura di Riccardo Celli.
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