Assalto al Castello Alfonsino: lettera aperta di Teodoro De Giorgio

13.08.2012 10:50

Nella notte di sabato 11 agosto u.s. è stato perpetrato a Brindisi un vile e scellerato oltraggio ai danni del patrimonio storico-artistico nazionale, oltre che all’identità culturale degli stessi brindisini; oltraggio che esige una rapida ed esaustiva risposta da parte del Soprintendente ai Beni Culturali per le province di Brindisi, Lecce e Taranto, arch. Alessandra Vittorini. Il celebre Castello Alfonsino (XV-XVI secolo), meglio noto come “Forte a mare”, è stato la “location” di una serata, organizzata da un noto locale da ballo brindisino, intitolata “La Biennale. Arte, musica, spettacolo, cinema, danza, teatro, dj set” (e chi più ne ha più ne metta!). Il titolo stesso dell’evento appare palesemente risibile, rivelando, nelle “umilissime” intenzioni degli organizzatori, il proposito di ispirarsi nientemeno che all’Esposizione Internazionale d’Arte di Venezia, conosciuta ai più come “La Biennale”. Una serata, si poteva inizialmente supporre, dedicata alle più svariate espressioni artistiche, se non si fosse trattato in realtà di un banalissimo specchietto per le allodole che di artistico non aveva la benché minima apparenza e che soprattutto celava il proposito di trasformare un incantevole luogo della memoria brindisina in una volgarissima discoteca all’aperto, con tutto ciò che una discoteca comporta, vale a dire: ingresso alle ore 23.00, pagamento di un cospicuo titolo di accesso (nientemeno che di 18 euro, qualcosa di assurdo se si pensa che il bene in questione è pubblico; da notare che sul biglietto non è fatto mistero della tipologia dell’evento: «ballo con musica dal vivo»), parcheggio selvaggio delle auto lungo il perimetro esterno del castello con relativo pagamento obbligatorio di un biglietto di 3 euro, goffi addetti alla “sicurezza”, vendita di bevande alcoliche con bar improvvisati negli angoli più impensabili, luci psichedeliche, luci laser proiettate sulle mura, cavi elettrici sparsi ovunque, musica assordante  la cosiddetta musica house per intenderci, che ha decibel tanto elevati da far vibrare le pareti degli edifici e da rendere impossibile la normale conversazione tra persone) con enormi casse acustiche collocate in posti assolutamente inidonei (nella fattispecie a ridosso delle mura), due piste da ballo sulle terrazze al piano nobile (una addirittura sul torrione), palchi metallici modulari gravanti sui vecchi solai, bagni superaffollati ai limiti dell’intasamento, bicchieri e bottiglie abbandonate qua e là (finanche sulle balaustre a ridosso del mare, con relativa caduta di oggetti nello stesso) e un numero esorbitante di intraprendenti ballerini. Un banalissimo specchietto per le allodole, dunque, al quale ha finito per credere – si immagina nella più totale buona fede – la stessa Soprintendenza ai Beni Culturali per le province di Brindisi, Lecce e Taranto, che ha autorizzato l’utilizzo del bene da parte dei soggetti privati in questione. Mi chiedo se fossero presenti i rappresentanti della Soprintendenza nel corso di quella serata e richiedo formalmente che vengano esplicitati i termini e le condizioni della concessione. C’è subito da aggiungere che il noto locale da ballo brindisino non è affatto nuovo all’organizzazione di simili eventi: sabato 2 giugno 2012, quindi a brevissima distanza di tempo, ha realizzato nella masseria Torre Regina Giovanna (rinomata discoteca all’aperto della provincia di Brindisi) una serata intitolata proprio “La Biennale” (altro che biennale, bisognerebbe parlare di bimestrale!); una serata caratterizzata dall’esibizione di culturisti in perizoma scintillanti, dalle performance di autentici cantanti della domenica, da mediocri sketch teatrali, da scialbe estemporanee di sedicenti pittori e soprattutto da tanta, tanta, tanta assordante musica da discoteca. Se eventi di questa natura, che, anche in considerazione degli orari di accesso, non possono che attirare una ben precisa categoria di abituali frequentatori, trovano la loro naturale collocazione in masserie all’aperto lontane dalle città, è quanto meno da sprovveduti e da sconsiderati solamente pensare di poterli allestire all’interno di beni architettonici pubblici, a maggior ragione se classificati di alto valore culturale e soggetti a elevato rischio di degrado. A questo proposito è bene ricordare che è scientificamente provato l’alto potere distruttivo delle onde acustiche – anche a bassa frequenza – sul patrimonio architettonico (si veda la vicenda di Piazza dei Cavalieri a Pisa), figuriamoci nel caso della musica da discoteca all’interno di un ambiente tanto antico e soggetto alla corrosione atmosferica e marina come quello in oggetto. A tutto ciò va aggiunto che l’accesso indiscriminato in un’unica occasione di così tante persone – gli organizzatori hanno contano più di duemila accessi nella precedente serata – non può che avere effetti assolutamente devastanti e deleteri sull’incolumità del bene. Gli organizzatori hanno così ambiziosamente pensato di riproporre la serata, col medesimo cliché di quella precedente, a Brindisi, in uno dei gioielli più preziosi della città, il Castello Alfonsino per l’appunto. Ospite d’onore della serata, sempre per rimanere in tema disco, Regina Saraiva, attualmente in vetta alle classifiche dance col suo pezzo “Killing me softly”, ovvero “uccidimi dolcemente”. Ed è proprio questo il punto, quanto accaduto sabato notte si inserisce proprio in quel lento e costante processo di “uccisione” del nostro splendido patrimonio storico-artistico; processo che purtroppo si compie sotto il più totale disinteresse e la più ignava indifferenza da parte delle istituzioni, che, dimentiche dell’articolo 9 della Costituzione («La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione»), arrivano finanche a promuovere simili eventi (sulla locandina, che nell’impostazione grafica rispetta scrupolosamente i canoni delle serate di musica dance, figuravano i loghi – senza specificare se si è goduto o meno del patrocinio morale – della Provincia di Brindisi, del Teatro Pubblico Pugliese, della Soprintendenza ai Beni Culturali e del Comune di Brindisi). Tutto questo ai danni degli ignari cittadini, proprietari del patrimonio artistico pubblico in quanto titolari della sovranità popolare, che in buona fede finiscono magari per lodare siffatte iniziative. Ambientare simili eventi in contesti tanto carichi di storia e così fragili significa distruggere deliberatamente la memoria di un luogo e svilire l’identità culturale di un’intera città. Scimmiottare celebri iniziative, come “La Biennale” di Venezia, non può che sfociare nel ridicolo ed esporre al pubblico ludibrio un’intera città. La scelta di un siffatto titolo, del resto, è rivelatrice dell’incapacità progettuale che ha annebbiato la mente degli stessi organizzatori, convinti di offrire chissà quale servizio. Titolo più stupido, balordo e demenziale non poteva essere trovato! Altro che valorizzazione del proprio territorio! L’esatto contrario! Leggendo il comunicato diffuso nei giorni scorsi su internet dagli organizzatori, in cui è scritto che «la forte e qualificata utenza della prima ha fatto sì che la scelta logistica, quale luogo adatto al calibro organizzativo, cadesse su un’area artisticamente elevata, tra le più belle e suggestive del territorio pugliese, quale “Castello Alfonsino” di Brindisi», si evince, con profonda amarezza, come il Castello Alfonsino venga considerato alla stregua di un mero contenitore, per quanto bello e suggestivo, nel quale ambientare, dopo un’attenta scelta logistica, un evento promosso da  un’organizzazione “di così grande calibro” come quella in questione. Le buone intenzioni da parte degli organizzatori – che ne hanno comunque tratto un cospicuo vantaggio economico – potranno pure esserci state, ma sono state ineluttabilmente scavalcate dall’ignoranza e dalla smisurata albagia di fondo. Nel frattempo circolano voci che, visto il clamoroso successo, a conclusione della stagione estiva l’evento possa essere riproposto nella medesima “location”. «I talibani, i distruttori della propria memoria storica, – sostiene Salvatore Settis – siamo tutti noi, se non riusciremo a provocare una riflessione istituzionale, un’inversione di tendenza».

Cordialmente

Teodoro De Giorgio P.S.: In allegato le fotografie scattate dal sottoscritto alle ore 3.00 circa di domenica 12 agosto u.s. Si tenga in debito conto che il numero dei partecipanti, cospicuo così come si deduce dalle immagini, doveva necessariamente essere di gran lunga superiore, poiché a quell’ora tarda un folto numero di persone aveva ormai abbandonato il luogo. Gli organi di stampa possono richiedere le fotografie ad alta risoluzione di loro interesse per la pubblicazione, indicando il numero di riferimento delle immagini. Per le fotografie: Copyright Teodoro De Giorgio. [gallery link="file" orderby="title"]

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